Mirko
aprì la porta di casa e fu accolto dal suono del telefono. Si versò da
bere mentre attendeva che la segreteria rispondesse, e non si curò di
ascoltare il messaggio. Quando la voce femminile smise di parlare, riavvolse
tutto il nastro e ascoltò i quattro messaggi che c’erano registrati.
Sapeva benissimo chi l’aveva chiamato, perché aveva dato il numero di
casa soltanto a tre donne: le sue clienti fisse. Ed infatti uno era quello
che aveva appena sentito, un altro gli chiedeva un appuntamento per
l’indomani ed infine l’aveva chiamato la donna con cui era appena stato
per “ringraziarlo”. Sorrise mentre ascoltava la voce da gatta di quella
donna, distratto, mentre consultava l’agendina elettronica –regalo di
una di loro, tra l’altro- , e scriveva “Paola” nelle ultime tre ore
del pomeriggio.
Finalmente,
gettò la giacca su una poltrona, si allentò la cravatta e cercò di
rilassarsi con della musica new age. Aveva tutto il pomeriggio per
riposarsi, dato che quella sera voleva fare un giro in qualche club per
vedere se riusciva a trovare qualcuno con cui, per così dire,
“arrotondare”. Le tre donne che lo mantenevano erano più che
sufficienti a permettergli il suo tenore di vita, soprattutto grazie ai loro
regali, ma anche gli incontri occasionali gli permettevano di guadagnare
bene. Gli piaceva andare nei locali dove poteva incontrare donne o uomini
soli – anche gli uomini lo pagavano bene- e abbordare, o lasciarsi
abbordare da qualcuno. Spesso si trattava di incontri davvero occasionali,
perché non rivedeva mai più quella persona, ma a volte erano loro a
chiedergli di rivedersi; e così, oltre alle tre clienti fisse, aveva una
rete di contatti più o meno saltuari che lo chiamavano senza regolarità.
Questi erano soprattutto uomini; e a lui non dispiaceva che non cercassero
di rintracciarlo a casa sua. Quando il disco finì, si fece una doccia prima
di stendersi per un paio d’ore. Guardò la sua immagine nello specchio:
non faceva davvero nessuna fatica per essere bello. Il ciuffo sulla fronte
sottolineava il castano scuro dei suoi occhi allungati, dal taglio vagamente
orientale, e la sua carnagione abbronzata. Certo, forse se non si fosse
tenuto in forma non avrebbe avuto quel fisico, ma non aveva mai avuto
particolari problemi a farsi desiderare.
Quando
si svegliò, per prima cosa controllò il telefonino. C’erano sempre dei
messaggi nuovi, e gli sembrava di aver bisogno di una segretaria per
riuscire a tenere tutto sotto controllo. Trovò un messaggio di Pietro, e
sorrise. Quell’uomo gli era molto simpatico, ed era tanto che non si
faceva più sentire; gli era venuto quasi da pensare che magari adesso stava
insieme a qualcuno. Gli avrebbe fatto piacere, se fosse successo. Pietro
desiderava avere una storia seria, ma era timido, e per di più sfortunato.
Era un professore che non superava la quarantina; aveva un bel fisico, degli
occhi molto espressivi e uno splendido carattere, però doveva pagare lui
per fare l’amore; Mirko lo definiva come uno che cercava più che altro un
ottimo amico con l’opzione del sesso, e credeva di rispondere ai suoi
desideri. Si erano conosciuti in un locale, dove, a dire la verità, Mirko
era andato per passare una serata da solo; ma avevano soltanto ballato un
paio di brani insieme, senza nemmeno presentarsi; poi, per caso, si erano
ritrovati ad una festa privata dove Mirko faceva l’intrattenitore; lì
Pietro aveva capito che cosa faceva l’altro e si era fatto dare il suo
numero. Il resto era accaduto come per tutti gli altri, solo che Mirko si
era affezionato a quell’uomo poco più grande di lui, con cui faceva delle
grandi risate. Più lo conosceva, più pensava che la fortuna avesse un peso
importante nella vita: Pietro era bello, elegante, piacevole, a letto era
fantastico –“pagherei io per te” gli aveva detto una volta Mirko-,
eppure non riusciva ad avere nessuna relazione. Mirko non sentiva il bisogno
di legarsi con qualcuno, però sperava che lui trovasse quello che
desiderava.
“Ti
va un aperitivo alle sette in Galleria?” diceva il messaggio. Mirko guardò
l’orologio: se voleva andare in qualche posto intorno a mezzanotte,
sarebbe dovuto tornare a casa perlomeno alle dieci: significava passare con
Pietro tre ore al massimo, ma con lui gli piaceva prendersi tutto il tempo
che volevano. Gli disse di no e gli diede appuntamento per la sera dopo, in
un locale.
Rapidamente
consultò anche gli altri messaggi e rispose; vide che ci aveva messo
un’altra ora, e si decise a sbrigarsi se voleva asciugarsi i capelli per
l’ora di cena.
Si
mise in macchina alle undici e mezza, e a mezzanotte entrò nel club che
aveva scelto, e vide che la bella gente era già scatenata in pista. Salutò
il barista.
-
Cosa prendi, Mirko?-
-
Aspetto qualcuno che offra!- rispose allegramente, e si sedette su un
divanetto vuoto. Lasciò che lo sguardo gli vagasse sugli abiti delle
ragazze in pista; c’erano tre donne con abiti costosi e tacchi alti che lo
guardavano parlando tra di loro; appoggiato al banco c’era un ragazzo
all’incirca della sua età che parlava con un altro e intanto gli lanciava
delle occhiate casuali. Mirko non doveva far altro che aspettare, e finse di
concentrarsi sul ritmo della musica muovendosi. Dopo un po’, vide che il
ragazzo lo guardava ancora e, impercettibilmente, gli sorrise. Avrebbe
potuto sorridere anche alle donne, ma loro sembravano più intenzionate a
spogliarlo con gli occhi e a commentare fra loro. Il ragazzo invece si mosse
e si sedette accanto a lui.
-
Ti unisci a me?- gli chiese.
Mirko
gli sorrise. – Volentieri-. Quella sera forse sarebbe toccato a lui. Dagli
abiti e dal taglio di capelli gli sembrò molto ben disposto –indossava un
completo simile al suo, di ottimo taglio e probabilmente firmato-, e ordinò
due calici di champagne.
Più
tardi uscirono insieme dal club. Mirko salì nella macchina dell’altro e
vide confermata ancora la sua opinione; la macchina era veloce, sportiva,
costosa; l’impianto stereo da solo valeva un’altra macchina.
Il
ragazzo che l’aveva abbordato si chiamava Valerio, aveva ventinove anni e
una carriera di pubblicitario molto ben avviata; e una notte libera da
impegni per regalarsi uno come lui.
Trascorse
una notte molto piacevole; la camera da letto di Valerio era grande come un
miniappartamento, ed il soggiorno si affacciava con una grande terrazza,
dall’alto, sulle mille luci della città.
-
Ci vorrebbe il mare, invece, lì sotto- osservò casualmente Mirko mentre
Valerio versava due martini.
-
Il mare c’è, invece- rispose quest’ultimo, sfiorò un pulsante ben
nascosto nel tavolino, e un proiettore olografico – l’ultima moda
dell’arredamento- proiettò una splendida spiaggia di sabbia bianca,
tridimensionale, sulla parete di fronte a loro.
-
Wow!- disse Mirko, impressionato, posando il suo bicchiere.
Si
spostarono in camera da letto; Valerio proiettò anche lì una soffice
spiaggia tropicale e spense la luce.
-
Sei bravo- gli disse Valerio guardandogli gli occhi, disteso appoggiato su
un gomito.
-
Non solo io, a dire la verità;- ribatté Mirko – ho una certa esperienza
al riguardo-.
Valerio
sorrise; il complimento gli aveva fatto piacere, anche se non sapeva se
fosse del tutto sincero; infine tornò a guardarlo.
-
Ci rivediamo?- chiese a Mirko. Questi intuì quello che stava passando per
la testa di Valerio e alzò un sopracciglio.
-
Vuoi già che me ne vada?- gli disse.
Valerio
arrossì.
-
No, è che… è che pensavo… ecco… no, non devi andare via per forza-
lo guardò di nuovo. – Anzi, voglio che resti qui, stanotte-.
-
Non ti costerà di più. Non ho niente da fare dopo-.
Valerio
tornò sopra di lui e fecero di nuovo l’amore. Mirko non aveva mentito
riguardo la sua bravura, perché lo faceva sentire eccitato senza che
nemmeno lo volesse; non gli capitava sempre così, ma Valerio riusciva a
metterlo a suo agio quasi naturalmente.
-
Vai anche con le donne?- gli chiese Valerio più tardi.
-
La discriminante sono i soldi, non il sesso. Vado con chi mi paga-.
-
E’ assurdo che ci sia gente che paga per fare del sesso!- esclamò
allegramente Valerio.
-
Però scelgo chi mi piace, non vado mica con tutti!- aggiunse Mirko, ansioso
di fargli un altro complimento.
-
E io ti piaccio?- gli chiese Valerio, centrando il suo bersaglio.
-
Molto. Ti meriti un nove-.
-
E perché non dieci?-
-
Perché al dieci ci sono solo io- rispose Mirko con aria seria.
-
Scemo!- concluse Valerio, e risero.
-
Tu, piuttosto, perché sei venuto a cercare uno come me? Il tuo uomo non ti
soddisfa abbastanza?-
-
Il mio uomo?- sorrise Valerio.
-
Non puoi essere solo. Sei troppo bello per esserlo-.
Valerio
gli rivelò di essere anche tremendamente occupato, oltre che bello, e di
non riuscire a conservare una relazione a lungo a causa dei suoi orari
impossibili.
Al
mattino, Valerio riaccompagnò Mirko fuori dal locale dove aveva lasciato la
macchina. Aveva il suo numero di telefono, ed infatti, già quel pomeriggio,
lo richiamò.
-
Quando ci vediamo?- gli chiese dopo che Mirko ebbe risposto. – Questa
sera?-
-
Ehi, bello, guarda che non ci sei solo tu nella mia vita!-
Cercarono
un appuntamento che andasse bene ad entrambi, e ci misero un po’ per
mettersi d’accor-do. Mirko intuì come dovevano sentirsi gli ex ragazzi di
Valerio: dover contrattare in quel modo ogni momento per vedersi era
logorante. Alla fine però furono entrambi soddisfatti. Quel giorno Mirko
aveva solo due appuntamenti nel pomeriggio oltre a quello con Pietro. Quando
rientrò alle otto e mezza non vedeva l’ora di incontrarlo.
Arrivò
al locale leggermente in ritardo, e sedette al tavolo guardando Pietro che
si stava scatenando in pista; indossava dei semplici pantaloni bianchi e una
maglietta nera, ma, nonostante ciò, era incredibilmente sexy, quella sera.
Mirko non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, e quando anche Pietro lo
vide, gli sorrise sinceramente.
-
Ciao!- lo salutò Pietro prendendogli la mano e portandolo in pista –
vieni anche tu!-
Pietro
ballava tenendogli una mano sulla nuca. Era evidente che non vedeva l’ora
di fare l’amore, e anche Mirko si lasciò andare. Gli posò le mani sui
fianchi e le fece scendere, impercettibilmente; Pietro se ne accorse, ma
ammiccò e fece finta di niente.
-
Dove eri finito?- gli chiese Mirko, poi, quando si sedettero al tavolo.
-
Ho avuto da fare, ma non mi sono dimenticato di te. Non vedevo l’ora di
chiamarti-.
Mirko
ritenne che l’aveva dimostrato abbondantemente, prima. Si vedeva
chiaramente che cosa era in cima ai suoi pensieri, in quel momento.
Parlarono
per un’ora, seduti nel locale. Pietro smaniava dalla voglia di toccarlo, e
le sue gambe sotto il tavolo parevano muoversi da sole. Quando salirono in
macchina, Mirko si rese conto di quando Pietro gli era mancato. Quando
facevano l’amore, con lui si sentiva perfettamente tranquillo, non doveva
dimostrargli di essere bravo, non aveva quella sensazione come se dovesse
ogni volta superare una prova. Anzi, spes-so gli sembrava che Pietro
pensasse più a lui che a se stesso, e cercasse di dargli piacere più di
quanto ne volesse. Ad un semaforo, Pietro lo guardò con occhi ardenti. Gli
sorrise.
-
Cosa c’è da guardare?- gli chiese allora.
-
Niente. Sei bello-.
-
Ah, mi sei davvero mancato- gli disse Pietro, più tardi, rigirandosi nel
suo letto, posando una mano sul suo petto nudo. – In questi ultimi giorni
non ho fatto altro che pensare a te. Non ne potevo più di stare senza…-
-
Pensavo che ti fossi trovato qualcuno- disse Mirko. Come al solito, anche
quella volta era stato bellissimo. Bastava che pensasse al corpo di Pietro
per eccitarsi di nuovo.
Pietro
gli confessò che si era innamorato di un suo amico, e che aveva aspettato
tanto prima di confessarglielo, e quando lo aveva fatto, pochi giorni prima,
lo aveva perso. Gli aveva fatto una scenata tale che si era convinto che non
l’avrebbe più rivisto. E allora si era deciso a chiamare Mirko.
Quest’ultimo non si sentì felice di essere usato come palliativo, ma non
glielo disse. Dopotutto, lo sapeva, quelle erano le conseguenze di quello
che faceva, e, se non rifiutava persone che lo usavano per tradire il
proprio compagno, perché mai avrebbe dovuto soffrire per le parole di
Pietro?
Pietro
lo vide taciturno, e, pensando che fosse stanco – avevano parlato fino
alle ora piccole- gli diede un bacio e lo lasciò dormire.
-
Mi raccomando, non sparire di nuovo- gli disse Mirko mentre si salutavano.
– Altrimenti vengo io da te-.
-
Non sarebbe una cattiva idea- disse Pietro ridendo. – Risparmierei-.
Mirko
ci rimase male. Perché Pietro gli aveva parlato proprio dei soldi? Lui
dimenticava spesso questa parte del suo lavoro, finché non dovevano fare i
conti. Sapeva che per i suoi clienti invece erano un argomento fondamentale,
ma da parte sua non ci pensava molto. Con Pietro, poi, ci pensava ancora
meno. Gliel’aveva detto, con lui sarebbe andato anche gratis.
Ben
presto però dimenticò quell’episodio. Una delle sue donne l’aveva
invitato a passare due settimane alle Maldive con lei, e lui aveva
accettato. Lei aveva pagato tutto, e lui aveva cercato di divertirsi il più
possibile. Lei era una bellissima donna, che avrebbe potuto avere tutto gli
uomini che voleva, ma preferiva tenere Mirko perché il suo modo di fare
l’amore la faceva impazzire; e Mirko pensò che l’aveva portato con sé
per poterlo sfoggiare su quelle spiagge piene di donne ricche. A lui non
dispiacque affatto.
Appena
fu tornato, Pietro lo cercò. Mirko gli raccontò tutto del suo soggiorno, e
Pietro gli disse che avrebbe voluto portarselo anche lui in vacanza, se
avesse potuto. Di nuovo, Mirko pensò che l’avrebbe seguito se
gliel’avesse chiesto, ma non glielo disse. Non poteva dirgli che gli
piaceva tanto, perché magari Pietro si sarebbe illuso sui suoi sentimenti.
Mirko non l’amava, semplicemente con lui stava bene.
Qualche
giorno dopo lo chiamò anche Valerio. Non si erano visti spesso perché era
sempre un calvario mettersi d’accordo; anche lui piaceva a Mirko, forse un
po’ meno di Pietro, ma con entrambi si sentiva perfettamente a suo agio; e
gli dispiaceva poterli vedere così poco. Valerio era davvero felice quando
stava con lui, e poiché non era capace di nascondere i suoi sentimenti,
Mirko se ne accorgeva e ne era contento a sua volta.
-
Vorrei vederti più spesso- gli disse Mirko, mentre tornavano dopo una
mattinata folle.
-
Con quello che guadagno, si potrebbe anche fare, ma… tu lo sai, non ho mai
tempo; e poi…-
-
Poi?-
-
A me va bene così. Non credo che dovremmo esagerare-.
Mirko
intuì che Valerio aveva paura di legarsi a lui. Non era capace di fingere,
e Mirko da qualche tempo si era accorto che era triste, quando si vedevano.
Probabilmente gli mancava un rapporto ben più profondo di quello che
avevano.
L’estate
avanzava; ai primi di giugno in città cominciò a fare un caldo
terrificante. Mirko passò un paio di week-end con dei clienti, fuori città;
ed ogni volta che vi rimetteva piede gli sembrava che facesse più caldo.
Un
pomeriggio, sedeva all’aperto con Valerio, fuori da un bar; stavano
parlando del più e del meno, quando udirono una voce accanto a loro.
-
Ciao, Mirko!-
Era
Pietro. Mirko gli sorrise, e Pietro sorrise anche a Valerio, e gli strinse
la mano.
-
Pensavo che fossi fuori anche questo fine settimana- disse Pietro.
-
No, come vedi-
-
Allora mi faccio vivo- gli strizzò l’occhio – ciao!-
Valerio
guardò quell’uomo allontanarsi, senza riuscire a staccargli gli occhi di
dosso. Sapeva solo che si chiamava Pietro, ma gli sembrava molto
affascinante. Chissà, magari era per il fatto che frequentavano lo stesso
uomo… ma non riuscì a toglierselo dalla testa nemmeno più tardi, quando
fu a letto con Mirko. Lo osservò addormentarsi, poi frugò nelle tasche
della sua giacca e prese il telefono e l’agendina. Cercò “Pietro” e
segnò l’indirizzo ed il numero di telefono; aveva voglia di saperne di più
su quell’uomo.
Mirko
era stranamente assente mentre si salutavano; Valerio lo vide giocare
nervosamente con il telefonino, ma per fortuna Mirko non si accorse che lui
l’aveva toccato.
Una
mattina Valerio decise di andare a vedere la casa di Pietro, e si appostò
in strada, nella macchina. Pietro uscì, qualche minuto dopo, e Valerio lo
riconobbe subito anche da lontano: non aveva scordato quel modo di camminare
che l’aveva sedotto. Lo seguì senza farsi scorgere fino ad un bar dove
Pietro si fermò a prendere un aperitivo. Anche Valerio scese dalla
macchina, e con aria di noncuranza, si sedette ad un tavolo poco distante.
Quando Pietro ebbe ordinato, chiamò il cameriere e fece dire a Pietro che
offriva lui. Pietro si girò e gli fece un cenno amichevole con la mano,
invitandolo a sedersi al suo tavolo. Valerio si sedette.
-
Tu sei… l’amico di Mirko, non è vero?- cominciò Valerio. – Ci siamo
visti qualche giorno fa…-
-
Ah, sì, mi ricordo di te. Eri con lui, no?-
Pietro
non era imbarazzato del fatto che parlassero di Mirko. In genere lo era, ma
con Valerio gli sembrava di conoscersi da sempre. Si lasciarono dopo essersi
scambiati i numeri di telefono – Valerio naturalmente non gli disse come
aveva fatto in modo di incontrarlo- e con la promessa di rivedersi di nuovo.
Pietro
era molto contento quella sera, quando vide Mirko.
-
Che cosa succede? Sembri quasi euforico- gli chiese quest’ultimo.
-
Ho incontrato Valerio, quel ragazzo che era con te qualche giorno fa. E’
molto simpatico-.
Mirko
si rabbuiò. Avrebbe voluto chiedergli di più, sapere che cosa si erano
detti, ma non osava. Non erano fatti suoi, dopotutto; ma quella notte la
preoccupazione lo invase, e, anche se Pietro non se ne accorse, il sesso non
gli sembrò bellissimo. Avvertiva un senso di nausea, che non riusciva a
spiegarsi.
Quella
sensazione non gli passò neanche nei giorni seguenti. Le scuole erano
finite, e gli incontri con Pietro si erano moltiplicati, ma, adesso, ogni
volta che lo vedeva, aveva paura che gli parlasse di nuovo di Valerio. Aveva
paura che gli dicesse che con lui c’era qualcosa. Fu invitato ancora in
vacanza, ma rifiutò tutte le offerte. Solo al pensiero di andare via si
sentiva male. No, non voleva allontanarsi, passava le giornate ad aspettare
una nuova chiamata di Pietro, e, quando arrivava, cadeva nel panico perché
aveva paura che… di che cosa aveva paura? Non riusciva a spiegarsi perché
all’improvviso smaniava quasi dalla voglia di vedere Pietro. E non capiva
perché lui, benché adesso avesse più tempo, non lo chiamasse. Non lo
chiamava più neanche Valerio, e la coincidenza lo turbava. Perché? Non
aveva sempre sperato che Pietro si mettesse con qualcuno? Certo, solo che
adesso che stava succedendo, stava male… anche quando si trovava con
qualcuno, si sentiva solo. Non faceva altro che aspettare una sua chiamata o
un suo messaggio.
Poi,
un giorno, qualche settimana dopo, lo chiamarono a breve distanza sia Pietro
che Valerio. Mirko si sentì quasi impazzire dalla gioia.
Pietro
era nervoso, sembrava teso come un animale in gabbia. Mirko intuì che era
successo qualcosa, ma si guardò bene dal chiedergli che cosa avesse. Adesso
era felice che Pietro fosse tornato da lui, che adesso lo volesse ancora…
Valerio, invece, più che altro gli sembrò triste.
-
Hai visto Pietro, non è vero?- gli chiese, con un’espressione affranta,
nel posto dove si incontrarono. Il viso di Mirko avvampò.
-
Non ti preoccupare, mi ha detto lui che veniva da te. Me l’ha detto per
ferirmi, abbiamo litigato-.
Allora
era così. Stavano insieme davvero. Valerio non si rese conto di aver fatto
crollare il castello di illusioni che Mirko si era costruito.
-
Lui ci resta male ogni volta che non posso vederlo, ma, sai… io non ho mai
tempo-.
-
Per vedere me il tempo lo trovi, però- disse Mirko, che, mentre lo diceva,
desiderò non aver mai parlato. Valerio lo osservò, come colto da
un’ispirazione.
-
Hai davvero ragione. Devo andare a chiedergli scusa- disse, ed uscì in
fretta dal locale. Non si era accorto del turbamento di Mirko. Non si era
accorto che lui non avrebbe mai voluto dargli la scusa per tornare a
casa…e per rimettersi con Pietro. Non avrebbe mai voluto che quei due si
conoscessero, accidenti! Gli salirono le lacrime agli occhi ed uscì in
fretta anche lui. Andò in palestra per sfogare la frustrazione, e attaccò
bellicosamente gli attrezzi; quando tornò a casa era stremato, ma non era
riuscito a dimenticare. Si addormentò soltanto perché gli occhi gli si
chiudevano da soli, ma si svegliò nel cuore della notte, con il cuore che
gli batteva forte. Continuò a rigirarsi senza riuscire a prendere sonno.
Arrivò a pregare che quei due si lasciassero ancora, e che Pietro
continuasse a venire da lui…
Le
parole di Valerio gli ritornarono in mente… erano andati da lui solo per
ferirsi a vicenda. Allora per lui io
sono solo…gli vennero in mente i discorsi che aveva dimenticato, il
fatto che Pietro lo associasse sempre al denaro…Allora
per lui io sono solo una puttana…e adesso… adesso Pietro gli
mancava, a lui che non l’aveva mai considerato un cliente… a lui che ora
avrebbe potuto essere il compagno che Pietro desiderava, lui, non Valerio,
lui, che adesso aveva capito… No,
non è possibile… è così facile non innamorarmi… io non mi innamoro
mai… di un cliente… Ma Pietro… perché doveva capire che ne aveva
bisogno proprio ora che non c’era più? Perché doveva capire che lo
voleva quando glielo portavano via?
-
Ehi amico, è meglio che vai a casa a farti una doccia fredda, ok?- gli
disse il barista del locale dove era entrato, vedendo che aveva già alzato
un po’ troppo il gomito.
Anche
quel giorno era stato un inferno. Aveva mal di testa frequentissimi e si
sentiva sempre giù. Da tempo non rispondeva più a chi lo cercava… era già
passato più di un mese e non era ancora riuscito a dormire una notte
intera. Il medico gli aveva prescritto dei sonniferi, ma lui non li prendeva
mai.
Di
solito non usciva mai, restava a casa, intontito dalla stanchezza e dai
pensieri che gli si agitavano nella testa… a volte non si alzava nemmeno
dal letto, ed era dimagrito in modo spaventoso.
Quando
fu cacciato di nuovo da un altro locale, salì in macchina e guidò fino
alla periferia della città; si fermò in un posto deserto, poco illuminato.
Fece scattare la lama del coltellino che ormai aveva sempre con sé, e la
passò con delicatezza sulla superficie della mano. C’erano già i segni
di numerosi piccoli tagli: era l’unica cosa che riuscisse a dargli pace,
oramai… il delicato scorrere della punta della lama sulla sua pelle.
Un
pensiero in un attimo gli sfiorò la mente. Potrei
chiamarlo… Mi aiuterebbe…
Prese
il telefonino e compose il numero che avrebbe voluto chiamare tantissime
volte in quel periodo… ma immediatamente dopo chiuse la comunicazione,
senza che il telefono avesse squillato nemmeno una volta. No. No! Non ho bisogno di aiuto. Io… sto bene, lasciami stare,
lasciami stare…disse piangendo a quella voce che da tempo lo
tormentava, nella sua testa.
Riprese
in mano il coltellino, lo passò sul palmo, senza nemmeno guardare il
taglietto che piano piano diventava più lungo, lasciando cadere poche gocce
di sangue… poi osservò il cammino della lama, sorrise,
impercettibilmente, il suo sguardo scese. Le pieghe del polso, l’azzurrino
delle vene, il tremito della mano… ogni altro pensiero fu cancellato
improvvisamente da una fitta dolorosa. Le sue mani corsero a reggere la
testa. Aveva voglia di gridare dal dolore; prese dalla tasca le scatolette
di pillole, le svuotò sul palmo della mano e le inghiottì. Poi appoggiò
il capo alla portiera della macchina, chiuse gli occhi e aspettò.
Ma
il dolore non accennava ad andarsene. Si sentiva stordito, ma il dolore non
passava per niente. Si diede dei pugni sulla testa cercando di scacciarlo
via; non riusciva più a dare una coerenza ai suoi gesti. Ignorò la nausea,
ignorò il tremito che aumentava, ignorò i barbagli che gli passavano
davanti agli occhi… improvvisamente la sua mano si trovò a stringere il
coltello. La sua punta, quasi da sola, spezzò la pelle del braccio,
immergendosi nel sangue che scorreva giù… Mirko osservò per un po’ lo
squarcio, ancora piccolo, che si apriva sul suo polso, e poi continuò ad
incidere, piano, quasi ascoltando il rumore della pelle che cedeva.
-
Pietro, puoi aprire tu, per favore? Il caffè sta bollendo!- gridò Valerio
dalla cucina.
Pietro
aprì la porta. Fuori c’era un poliziotto, e Pietro lo fece entrare.
-
Posso farle qualche domanda?-
-
Ma certo. È successo qualcosa?-
-
Lei conosceva Mirko Guidi?-
-
Sì. È successo qualcosa?- ripeté Pietro.
-
Lei l’ha incontrato di recente?-
-
Non, è più di un mese che… ma mi vuol dire che cosa è successo?-
-
Abbiamo trovato il signor Guidi nella sua auto, fuori città. E’ morto-.
Pietro
ebbe un sobbalzo.
-
Ma cosa c’entro io?- chiese, spaventato.
-
L’ultima telefonata del signor Guidi, prima di morire, era diretta al suo
cellulare-.
-
Io non ho ricevuto nessuna telefonata, ieri, glielo assicuro. Può
controllare, se crede-.
Il
poliziotto controllò.
-
Sembra che sia vero, ad ogni modo ne sapremo di più quando avremo
controllato i tabulati telefonici. Ieri notte, verso l’una e trenta, lei
dove si trovava?-
-
Ma… ero qui, a casa, probabilmente stavo dormendo-.
-
C’è qualcuno che lo può confermare?-
Pietro
rispose che c’era Valerio con lui. Valerio confermò e diede il suo nome
al poliziotto.
-
Ma perché, mi scusi… Mirko è stato ucciso?-
-
E’ un’informazione che non posso darle, mi spiace- disse il poliziotto
– la devo pregare di rimanere a disposizione.
Più
tardi, nel pomeriggio, la questura richiamò Pietro e gli chiese di
presentarsi. Gli chiesero dei suoi rapporti con Mirko, e Pietro disse che
erano conoscenti, e nulla di più. Non si spiegava come mai Mirko avesse
voluto chiamare proprio lui.
Quando
rientrò, Valerio lo aspettava con il cuore in gola.
-
Allora? Com’è andata?-
-
Mi hanno chiesto in che rapporti ero con Mirko. Gli ho detto che lo
conoscevo appena, e che ultimamente non ci siamo visti spesso-.
-
Ti hanno detto che cosa è successo?-
Pietro
annuì.
-
Non sono certi nemmeno loro di come sono andate le cose. Lo hanno trovato
nella sua macchina. Hanno pensato che fosse svenuto, ma aveva un polso
tagliato per metà. Mi hanno detto che non ha fatto in tempo a morire
dissanguato perché aveva preso una quantità eccessiva di tranquillanti. Il
suo medico ha detto che soffriva di frequenti mal di testa, ed infatti hanno
trovato una scatola di analgesici quasi piena-.
-
Dici che…-
-
Sì, credono che si sia sbagliato nel prenderle. Ma aveva anche bevuto
molto…-
-
Mirko? Ma era praticamente astemio!-
-
Lo so, gliel’ho detto anche io. E poi… loro mi hanno chiesto se sapevo
che soffriva di disturbi depressivi-.
-
Mirko?- ripeté Valerio. – Disturbi depressivi? Ma sei sicuro?-
Pietro
annuì gravemente.
-
Pensano che non si sia nemmeno reso conto di quello che faceva. Aveva
l’abitudine di tagliarsi le dita, è un disturbo di quel genere-.
-
Non si voleva suicidare?-
-
Credono che abbia semplicemente sbagliato medicine, e poi non ha capito più
niente…-
-
Che modo di morire… per sbaglio…-
-
Mi sembra assurdo che sia successo a lui. E’ strano, non avrei mai detto
questo di Mirko… i farmaci, i sonniferi… e pensare che, fino a poco
fa…-
Pietro
non si capacitava del cambiamento di Mirko. Possibile che stesse già male
quando ancora si vedevano? Gli sembrava inconcepibile, era un uomo pieno di
vita, affascinante, e non sembrava per niente quell’uomo smagrito e spento
che gli avevano fatto vedere nelle foto. Era quasi irriconoscibile.
-
Chissà che cosa gli è successo?-
-
Magari una delusione d’amore- disse Valerio, poi, malgrado la gravità di
quanto era successo, scoppiarono a ridere.
-
Una delusione d’amore? Ma cosa dici?- Mirko non credeva nell’amore. Non
si innamorava mai.
Una
delusione d’amore? Che assurdità.
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